
Nell’ambito dell’attività di monitoraggio condotta dal Tavolo asilo e immigrazione, ieri mattina una delegazione composta dall’ On. Laura Boldrini, da Riccardo Campochiaro di ASGI, da Fausto Melluso e Luana Belfiore di ARCI Sicilia, ha visitato la nuova struttura di trattenimento per richiedenti asilo (ex Consorzio asi Modica), il “vecchio” hotspot di Pozzallo e la struttura Don Pietro di contrada Cifali, che è, in sostanza, un hotspot riservato ai minori.
Al momento della visita, la struttura per il trattenimento di Modica vedeva la presenza di 4 persone, in attesa dell’eventuale convalida del giudice, situati in una parte, mentre all’interno dell’altra metà della struttura erano ospitati circa 150 persone, in prevalenza adulti, in condizione di promiscuità (sono presenti anche una decina di minori) e con i servizi della primissima accoglienza.
La nuova struttura di detenzione per richiedenti asilo è un villaggio costituito da moduli container chiuso da blocchi di cemento e alte recinzioni, in una zona industriale distante da centri abitati: una parte viene utilizzata come struttura hotspot, l’altra per il trattenimento dei richiedenti asilo previsto dalle recenti e malaugurate innovazioni normative.
La struttura di trattenimento rappresenta una dannosa esibizione di durezza da parte dello Stato, ma se i giudici dovessero confermare l’orientamento a disapplicare le nuove norme volute dall’esecutivo Meloni, perderà ogni funzione. Le persone recluse subiscono un trattamento che – le motivate decisioni dei giudici lo dicono con chiarezza – va interrotto immediatamente perché privo di basi legali. I richiedenti asilo non possono essere detenuti durante la procedura, nemmeno se provengono dalla famigerata lista di Paesi sicuri.
Molto peggiore la condizione oggettiva all’interno dell’hotspot di Pozzallo, una struttura sovraffollata, inidonea all’accoglienza dove oltre 400 persone, di cui oltre 150 minorenni, sono tenute in attesa di trasferimento: la Prefettura dichiara un tempo medio di attesa di 7 giorni per il trasferimento degli adulti e di oltre un mese per i minori. L’assistenza medica con tutta evidenza non è dimensionata per poter avere la cura necessaria delle persone, e le condizioni igienico sanitarie appaiono precarie a causa del sovraffollamento e della precarie condizioni generali della struttura. Benché esistano camerate che dovrebbero consentire una divisione delle persone fra nuclei, uomini, donne e minori, nella realtà questa divisione è impossibile e le persone vivono internamente in totale promiscuità. I dialoghi che la delegazione ha avuto con uomini e donne presenti all’interno della struttura, hanno confermato la scarsa attenzione alla rilevazione delle vulnerabilità che oggi il sistema riesce a offrire.
L’hotspot di Cifali si trova in un luogo isolatissimo, e al momento della visita ospitava circa 120 minori stranieri non accompagnati, tutti giovani uomini, alcuni dei quali giovanissimi al di sotto dei sedici anni. Benché al momento la struttura non fosse sovraffollata come accaduto in passato, è evidente come questo insediamento non è in nessun modo idoneo alla permanenza per settimane e mesi di minorenni che hanno diritto ad essere accolti secondo quanto prevede la legge. I servizi sono infatti quelli della primissima accoglienza, che dovrebbe però esaurirsi entro le 48 o 72 ore e non durare mesi. La struttura non è stata pensata per l’accoglienza (è progettata come luogo di ricerca in ambito agricolo) e ha bisogno di urgenti lavori di manutenzione.
I minorenni non hanno un tutore come prevederebbe la legge, ma viene attivata una tutela istituzionale priva all’apparenza di qualunque ricaduta concreta. Benché il luogo sia protetto da barriere e presidiato da forze dell’ordine è evidente che esista il pericolo di fuga, cioè che i minori, estenuati dall’attesa di un trasferimento che va oltre il limite legale, scappino e scompaiano, esponendosi a ogni rischio.
L’Ente gestore ha naturalmente ammesso che ci sono degli allontanamenti spontanei, e siamo in attesa di conoscere i numeri esatti.
Si tratta in tutti i casi di strutture dove le persone arrivano subito dopo lo sbarco a Pozzallo o trasferite da Lampedusa, dove a volte hanno trascorso giorni e settimane, e dopo viaggi lunghi, pericolosi e traumatizzanti. La primissima accoglienza dovrebbe offrirgli un momento, finalmente, di presa in carico e cura: quello che abbiamo potuto constatare invece è stata l’assoluto difetto di programmazione, da cui nasce l’esigenza di strutture di contenimento in cui le persone siano, in sostanza, parcheggiate in attesa del compimento di procedure lente e frustranti.

E’ interessante constatare come il tema dell’attribuzione dell’età, che nei media ed in alcuni discorsi politici è centrale nella fase della prima accoglienza, non emerga affatto come questione importante: sia i funzionari di Questura presenti sia l’ente gestore affermano infatti siano stati pochi i casi in cui ci sono state necessità di verifiche e approfondimenti. Questo conferma la distanza fra la propaganda e la realtà: una realtà in cui minorenni, anche quattordicenni, che hanno percorso un viaggio pericolo e durissimo, devono attendere molti giorni prima di trovare un luogo di accoglienza stabile. Un fatto gravissimo e illegittimo che continuiamo a denunciare, come sarebbe grave e illegittimo se il Governo proseguisse nel voler togliere garanzie proprie dei minorenni ai sedicenni.
Il lavoro di monitoraggio del Tavolo Asilo e Immigrazione proseguirà per denunciare come la progressiva decostruzione del sistema di accoglienza stia impattando sui territori in senso generale, e non solo sulle persone straniere che per prime ne subiscono le conseguenze.