Apprendiamo dalla stampa (la Repubblica, 4/11/2025) della richiesta d’arresto avanzata dalla Procura di Palermo nei confronti di Salvatore Cuffaro, ex presidente della Regione Siciliana, e dell’on. Saverio Romano, già ministro e oggi deputato nazionale. Secondo quanto riportato, l’inchiesta coinvolge diciotto persone per presunti scambi illeciti tra nomine sanitarie, appalti, assunzioni e potere politico, nel cuore del sistema pubblico regionale.
La notizia è grave. Ma ancora più grave — e forse più rilevante — è il quadro che emerge da questa vicenda, a prescindere dagli esiti giudiziari. Non è il codice penale a doverci suggerire la misura dell’indignazione. È il senso civile, specialmente di fronte a una politica che a fronte di un servizio sanitario vergognoso, fino a ieri, litigava sulle nomine in una chiave proprietaria come d’altronde fa da decenni, dai tempi de La mafia è Bianca. Giù le mani dalla nostra salute!
Totò Cuffaro ha già scontato una condanna per favoreggiamento aggravato alla mafia. Eppure, da anni, è tornato a esercitare un ruolo politico centrale, dirigendo partiti, influenzando nomine, orientando decisioni pubbliche. La vicenda odierna certifica non solo il fallimento di una classe dirigente, ma la tolleranza culturale e politica verso modelli di gestione privatistica del potere, incompatibili con qualsiasi idea di interesse generale.
La sanità siciliana è in condizioni drammatiche. Gli ospedali chiudono, le liste d’attesa si allungano, i laboratori convenzionati smettono di erogare prestazioni gratuite a fine mese perché la Regione non paga. I fondi del PNRR rischiano di essere sprecati, mentre si continua a parlare di affidamenti ai privati. In questo scenario, apprendere che la politica sanitaria sarebbe stata usata come merce di scambio è un insulto per chi ogni giorno prova a curarsi in questa terra.
Del resto i disastri della Regione sono ormai un marchio di fabbrica della maggioranza e Saverio Romano, deputato nazionale e coordinatore di “Noi Moderati”, rappresenta uno degli elementi di congiunzione più emblematici di questa oscurità politica che allinea il Governo Siciliano a quello Nazionale. Le responsabilità, anche quelle penali che saranno eventualmente accertate dalla magistratura, non possono essere minimizzate e devono essere inserite in un contesto di fallimenti politici costruiti con la complicità di Schifani e della Meloni.
Ciò che serve oggi non è attendere una sentenza. Serve una risposta politica e culturale netta. Serve dire che chi ha trasformato la gestione pubblica in terreno di scambio non può e non deve continuare ad avere voce, potere, ruoli. Non per legge, ma per decenza.
Il problema non è solo chi ha commesso illeciti. Il problema è che abbiamo smesso di indignarci. E non possiamo permettercelo.
