La Sicilia non sia avamposto militare dell’Europa nel Mediterraneo. La scelta del Governo regionale di rimodulare i programmi del Fondo di Sviluppo Regionale (FESR) e del Fondo Sociale Europeo Plus (FSE+) per destinare 270 milioni di euro a non precisate infrastrutture per la difesa e a formare nuove figure professionali per l’industria della difesa, apre scenari inquietanti sul futuro dell’Isola.
Si tratta di finanziamenti che dovrebbero essere destinati a finanziare infrastrutture per il sociale, per la sanità, per la viabilità e per altri settori fondamentali per lo sviluppo socio-economico della Sicilia con l’obiettivo di diminuire il divario che ci separa dalle regioni più ricche.

Ci troviamo di fronte ad una scelta miope del Governo regionale che accetta di relegare la Sicilia al ruolo di terra di confine del continente europeo, senza alcuna prospettiva di sviluppo se non quella di diventare sempre più una immensa piattaforma militare, piuttosto che ritagliarsi un ruolo centrale nel costruire politiche di sviluppo territoriale, di cooperazione internazionale e di dialogo, all’interno dell’area mediterranea, cogliendo l’opportunità offerta dalla sua posizione geografica.
Sono anni che insieme ai numerosi comitati locali di cittadine e cittadini ed al movimento pacifista, denunciamo il processo di militarizzazione della Sicilia: la presenza della base Nato a Sigonella, il MUOS a Niscemi, il polo di addestramento per piloti di F35 a Trapani Birgi, il poligono nella Riserva di Punta Bianca ad Agrigento e altre aree di interesse naturalistico utilizzate per esercitazioni militari, con le conseguenti problematiche ambientali e le forme di inquinamento che ne derivano, sulle cui conseguenze per la popolazione civile non si è mai fatta piena chiarezza, così come servirebbe maggiore trasparenza sul Comitato paritetico regionale per le servitù militari e sulla partecipazione dei componenti nominati dalla Regione.
La scelta di piegare il settore della formazione alle esigenze dell’industria bellica appare in contrasto con quella che dovrebbe essere la funzione del programma del Fondo Sociale Europeo che dovrebbe promuovere politiche di coesione e misure di contrasto allo spopolamento delle aree interne, magari promuovendo percorsi formativi anche innovativi che utilizzino le nuove tecnologie non per uso bellico ma per favorire lo sviluppo di quei settori produttivi per i quali i nostri territori sono naturalmente vocati.
Con la grande partecipazione popolare alle manifestazioni per la pace, che anche in Sicilia si sono svolte in questi ultimi mesi, le siciliane ed i siciliani hanno affermato da che parte stanno e che sono contrari ad essere l’avamposto militare di questa Europa, quindi stop al riarmo, stop agli armamenti.
